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La Primavera di Galileo Chini, capolavoro ispirato a Klimt, arriva a Ferrara ad arricchire la mostra di Arrigo Minerbi

22-08-2023

Dal 30 agosto la mostra Arrigo Minerbi: il “vero ideale” tra liberty e classicismo al Castello Estense di Ferrara si arricchisce di una nuova opera: La Primavera di Galileo Chini. La prima retrospettiva dedicata allo scultore ferrarese, il prediletto da Gabriele d’Annunzio, è l’occasione per un inedito approfondimento sul suo apporto alla poetica secessionista e al classicismo. La mostra ricostruisce i suoi contatti con altri importanti autori del tempo, tra i quali ha un ruolo di spicco Galileo Chini. Il celebre e poliedrico interprete contribuì a diffondere anche in Italia il culto della raffinata pittura neobizantina di Gustav Klimt.

 

Proprio per testimoniare il legame tra Chini e Minerbi, l’esposizione al Castello si arricchirà di un capolavoro dell’artista fiorentino: un prezioso pannello – alto 4 metri e largo 2 – del ciclo della Primavera (1914) proveniente dalla mostra Klimt e l’arte italiana allestita al Mart di Rovereto (16 marzo - 27 agosto 2023).

 

«Il pubblico potrà ammirare quest’opera monumentale, di straordinaria valenza decorativa e raffinatezza tecnica, che è un inno alla perenne rinascita della bellezza attraverso il potere creativo dell’arte», spiega Chiara Vorrasi, curatrice della mostra su Minerbi, nata da un’idea di Vittorio Sgarbi e organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dal Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara.

 

Galileo Chini dipinse il pannello La vita e l’animazione dei prati nel 1914 nell’ambito di un ciclo decorativo destinato al padiglione centrale della XI Biennale di Venezia. Il seducente motivo della cascata di serti vegetali che si riversa su flessuosi nudi, come un elisir di eterna giovinezza, è una delle più immersive riletture del secessionismo di Klimt. A sua volta Minerbi offre una soluzione affine nel marmo Lampada nuziale, con la pioggia di serti floreali sui gracili nudi infantili che compone una sofisticata allegoria dell’inesausta fecondità e bellezza della natura. L’accostamento del marmo di Minerbi alla Primavera di Chini è anche lo spunto per raccontare l’intenso rapporto tra i due artisti.

«Le ricerche condotte in occasione della mostra – specifica Chiara Vorrasi – hanno appurato che Chini possedeva un calco in gesso di un celebre marmo di Minerbi, Mattino di primavera (1919), che decise di lasciare alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti. Questo pegno di stima tra artisti risaliva probabilmente alla fine degli anni dieci del Novecento, ma i due dovevano conoscersi da tempo». Probabilmente, secondo la curatrice, Minerbi aveva conosciuto Chini già all’inizio del secolo, quando si trasferisce dalla natia Ferrara a Firenze (1902) per studiare all’Accademia e lavorare come decoratore e ceramista: «Quasi certamente – aggiunge Vorrasi – Minerbi collabora con la manifattura di ceramiche diretta da Chini e presieduta dal conte ferrarese Vincenzo Giustiniani che il giovane scultore ben conosceva. A Ferrara si conservano testimonianze del loro lavoro in due edifici affiancati su Corso Cavour, Villa Melchiorri, capolavoro del liberty ferrarese decorato da Minerbi nel 1905, e Villa Amalia, che nel 1904 era stata ornata delle ceramiche chiniane». Inoltre, conclude la curatrice, la produzione minerbiana del decennio successivo evidenzia continue tangenze con i fregi decorativi di Chini, come ben testimonia la citata Lampada nuziale. E ancora nel Pianto del fiore, altra opera in mostra a Ferrara realizzata nel 1922 dopo il trasferimento a Milano, si apprezzano analogie con i flessuosi nudi della Primavera di Chini.

La mostra Arrigo Minerbi: il “vero ideale” tra liberty e classicismo è visitabile fino al 26 dicembre 2023. Grazie ai prestiti concessi da importanti musei e collezioni private, la rassegna racchiude circa 80 opere pittoriche e scultoree, ripercorrendo l’intero arco dell’originale produzione di Minerbi, artista ben radicato nel dibattito artistico che ha accompagnato il passaggio dal modernismo con declinazioni simboliste di inizio secolo al ritorno alla tradizione maturato dopo la prima guerra mondiale, fino al classicismo monumentale dominante negli anni Trenta. Arricchiscono il percorso espositivo le opere di Gaetano Previati, Leonardo Bistolfi, Adolfo Wildt, Galileo Chini, Ercole Drei, Felice Casorati, Ubaldo Oppi, Mario Sironi, Antonio Maraini e Achille Funi.

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